Caro amico che ora leggi e che poi dovrai inoltrarti dove non sei mai stato, volevo ricordarti qualcosa che forse già sai: non tutto può sembrare sempre uguale. Volevo pertanto farti avere anche questa mia cartolina e farti vedere che dalle finestre del palazzo in cui ora lavoro posso vedere questo:
Laggiù, dietro questo spettacolo che ha una certa famigliarità col rosa e nel quale la luce sembra sempre di taglio, c’è la pianura nella quale sono cresciuto, incastonata dentro una vallata umida e tuttavia sana. Un cerchio dal diametro di circa settanta/ottanta chilometri ricca di un sapore vario come una macedonia appena composta.
Lì la luce è sempre dritta: ti cade sempre sopra la testa. Cambia solo e soltanto nelle ore che scandiscono l’inizio e la fine di ogni giornata. Da sotto, e da qualsiasi angolo tu ti possa trovare, vedrai un castello arroccato, ed avrai l’impressione che le sue torri siano gli occhi di un Dio che ti osserva e non ti giudica. Un Dio buono che non ha la velleità di essere il regolatore di ciò che succede sulla terra, tra gli uomini e dentro le superficiali vite di questi ultimi.
Tornando quassù, allora, ti sentirai investito da una luce diversa e sentirai la vicinanza con gli occhi di quel Dio che non giudica.
Eppure non potrai fare a meno di scendere nuovamente, come Socrate quando – necessariamente – deve addentrarsi nel Pireo per dare avvio alla Repubblica. E quindi un giorno dovrai tornare laggiù, dentro quella vallata umida e sana, e da qualsiasi punto d’osservazione vedrai la luce cambiare ed illuminare tutto allo stesso modo, senza sconti. E non ci sarà nessun Dio ad osservarti, solo un castello arroccato e stupendo, lontano da te. Ma preferirai illuderti una volta ancora, perché altrimenti tutto, mentre risulterà essere illuminato, potrà anche farti del male.