Noah Gundersen è un cantautore indie-folk americano, mio coetaneo. Più o meno.
L’ho musicalmente conosciuto quasi per caso, pescando questa sua First defeat dentro una playlist interminabile su Spotify che raccoglie brani tendenzialmente acustici.
Il pezzo colpisce immediatamente, ha una cadenza che nella sua stanchezza ti porta a seguirla. Sembra – ed in parte lo è – molto simile a tutto questo nuovo filone dell’indie-folk americano, il quale ha radici ben evidenti in (ne cito solo due, ma sono migliaia) Bob Dylan e Neil Young.
Qui, però, Gungersen scrive un testo che ci racconta l’incapacità di andarsene da una persona (This Will be the last time…), dando risalto ai particolari sui quali una vita inciampa (It’s the little things/ That convince me to stay) e spesso non riesce a rialzarsi.
Il brano mi sembra un piccolo gioiello (come lo è – nella sua similarità, ad esempio – Everything Trying di Damien Jurado, il quale è stato utilizzato in una scena toccante di un film a cui tengo particolarmente). Suona come un fiacco rimprovero a se stessi, quasi come un tentativo di giustificarsi.
Nel limbo di alcune nostre vite, be’, First defeat ci sta che è una meraviglia.
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