Ho visto American Pastoral.

Non ho pianto in pubblico, e già questa è una buona notizia. Ma perché riesca a dare un giudizio di questo film devo procedere more geometrico. O più o meno così.

Premessa n. 1

Come giustamente mi diceva un mio amico, acuto rothiano di lunga data e persona intelligente, quando vedi un film tratto da un’opera letteraria che hai letto, è inutile fare il raffronto fra le due. «Vedi il film per il film, e non il film sulla base del libro».

Prima regola, imprescindibile per valutare American Pastoral.

Premessa n. 2

Ho letto Pastorale americana, nella traduzione di Vincenzo Mantovani, nell’ottobre del 2012. Mi laureavo a Perugia, e nel frattempo iniziavo la magistrale a Macerata. Facevo la spola tra i lati dell’Appennino umbro-marchigiano falcidiato in questi giorni maledetti. La storia de “Lo Svedese” mi accompagnava in quello che, quattro anni fa, segnava un passaggio importante della mia vita.

Dunque: ho amato questo libro, l’ho spiegazzato e abbracciato come fosse un peluche, Lo Svedese e le sue vicende mi facevano tremare i polsi – ma capivo anche alcune delle istanze di Merry, il suo delirio. La restante parte della così detta trilogia americana di Roth (Ho sposato un comunistaLa macchia umana) l’ho poi letta d’un fiato, come se non potessi fare a meno di quelle pagine.

Seconda regola, altrettanto imprescindibile per valutare American Pastoral: dimentica un attimo quell’amore.

american-pastoral-trailer-e-poster-dellesordio-alla-regia-di-ewan-mcgregor

Svolgimento

La sceneggiatura di questo film, riduzione di un romanzo di oltre 450 pagine, è di John Romano, sceneggiatore cinematografico affermato. Il primo script del film è stato delineato nel 2006. Ci sono dunque voluti dieci anni, prima che la pellicola uscisse in sala con la regia, poi – dopo varie traversie -, affidata all’esordiente Ewan McGregor il quale interpreta anche il ruolo de Lo Svedese.

Una stupenda Jennifer Connelly (premio Oscar come attrice non protagonista in A beatiful mind) interpreta il ruolo di Dawn Levov, la moglie di Seymour “Lo Svedese” Levov. Merry Levov è interpretata dalla giovane Dakota Fanning
Nathan Zuckerman, l’alterego di Philip Roth, scrittore ebreo di Newark, nello stato del New Jersey, racconta la storia de Lo Svedese. La racconta perché ha conosciuto Seymour Irving Levov, ne ha visto le gesta atletiche come giocatore di football destinato alla carriera professionistica, poi abbandonata per seguire l’azienda di famiglia: una fabbrica di guanti.
Lo Svedese sembra aver avuto tutto dalla vita: un uomo bello con degli occhi azzurri penetranti, sposato con una ex Miss New Jersey, un’azienda florida e gestita in maniera magistrale, una figlia bella e che sembra spassarsela con la madre nella fattoria di Old Rimrock, una cittadina in campagna non lontano da Newark. Il Sogno Americano, la way of life americana, si è incarnata in Seymour Irving Levov.

La bellezza di questa vita viene, in modo traumatico, sconvolta dall’attentato all’ufficio postale di Old Rimrock. Una bomba all’alba che uccide un uomo, nel calderone delle contestazioni sessantottine e seguenti. Merry è scappata, con il suo intartagliare sempre più marcato, perché ha la polizia alle calcagna e perché ha portato la guerra in casa.
Lei è l’autrice dell’attentato all’ufficio postale.

Eccolo il nodo della storia, sta tutto qua, nella caduta di questo ebreo benestante e integrato nella realtà americana che di questa si era fatto primo attore. La figlia ha ucciso un uomo, uccidendo al contempo anche la vita dei suoi genitori.
Il seguito del film non è altro che la spasmodica ricerca di Merry da parte di Seymour, incatenato fra la gli impegni della sua azienda e le follie di una moglie oramai costantemente sull’orlo di una crisi di nervi.

Questa storia, che non è una storia piena di sussulti, ma è più che altro il lento disfarsi interiore di un uomo che mai avrebbe voluto trovarsi in una situazione del genere, il suo inesorabile declino che porta con sé tutto ciò che è stato capace di costruire, è trasferita nel film in un racconto soave e a colori pastello. McGregor, alla prima regia, non cerca di strafare e quindi rimane nel seminato, sebbene sia capace di darci conto – con dei primi piani avvicinati davvero efficaci e delle pose immobili degli attori al centro delle stanze, quasi come si fosse sul palco di un teatro – della drammaticità che genera l’avere la guerra in casa. I luoghi sono importanti poiché segnalano lo stato d’animo dello Svedese e della famiglia Levov. Tutto, nella prima parte di vita, è illuminato da un sole raggiante. Tutto, nella seconda parte di vita, è illuminato da un sole che porta in primo piano ogni difetto di questa vita lacerata.

Gli abiti di Lindsay McKay sono stupefacenti, ci parlano in un film che ha l’ambizione di riportare in immagini lunghe riflessioni sulla fine di un’epoca, sul conflitto (inestricabile?) della società americana, sull’ossessione ebraica e di un padre che ama sua figlia, nonostante tutto, sul paradiso perduto.

american-pastoral-2016-movie-still-1

Conclusione

In definitiva, il film – visto per il film, cfr. prima regola – è una buona operazione costruita sapientemente, tentativo ambizioso di raccontare la devastazione di una vita. Un film da vedere, anche per la buona prova di McGregor e per il suo coraggio di essersi tuffato nella regia di un progetto così grande. Tuttavia, dopo 127 minuti, la sensazione è quella di aver visto qualcosa di incompiuto: un cerchio che non si chiude. Ma del resto anche nel romanzo di Philip Roth, l’ultimo carattere dell’ultima riga, all’ultima pagina, è un punto interrogativo.

Post scriptum

Il trailer del film, con questa versione femminile di Mad World (brano che non comparirà mai nel film) è letteralmente stupendo, fa venire i brividi.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=SAAqiO_Z9Vs]
amadmin

Author amadmin

More posts by amadmin

Leave a Reply