Ieri sera, 12 novembre 2016, in tutto il mondo si sono suonate miliardi di note.
Alcune di queste risuonavano, per la prima volta dopo gli attentati di un anno fa, all’interno del Bataclan. Sting apriva nuovamente la grande sala da concerti, dopo un minuto di silenzio e poi con la struggente Fragile.
Ho sempre pensato che i momenti simbolici siano importantissimi per la convivenza sociale, per dare dei segnali e piegare così l’idea del mondo che abbiamo. Che un anno dopo quella macelleria incomprensibile il Bataclan sia aperto, non sia soltanto un luogo di pellegrinaggio ma – con grande rispetto – luogo di divertimento e musica, è fondamentale. Significa: noi non molliamo. Al contempo significa anche che non abbiamo lavato quel sangue, ma intendiamo omaggiarlo attraverso la musica.
Immagino che ogni musicista avrebbe voluto essere sul palco, ieri sera, al Bataclan per questa riapertura storica. O comunque ciascun musicista un poco ambizioso, vorrebbe suonare, almeno una volta nella sua vita, in un luogo come quello.
Ma in realtà ieri sera eravamo tutti lì sopra, con Sting, a cantare i nostri amori andati, quelli che arriveranno, le nostre futili lotte che vengono cancellate da un colpo di spugna, e coccolate dalla musica adatta. Ad onorare le vittime di quell’attentato, guardando avanti senza indugi.
Ieri sera eravamo tutti al Bataclan.
I can’t stop thinking about you…
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