Di quanto sia difficile evitare la noia asfissiante della routine, il soffocamento provocato dalla ripetizione sempre uguale dei giorni, la consuetudine trasformata in uccisione di ogni desiderio e libertà, non c’è bisogno di scrivere.
Molto più probabilmente, così credo, c’è bisogno di cercare e trovare alternative, i segni del cambiamento, le molle nascoste che possono rivoltare tutto quello che appare ripetitivo.
La denuncia del vuoto che una vita percepisce, detto in altre parole, mi sembra sempre più un atto di nascondersi, un modo per non-uscire dal seminato, la legittimazione di “ciò che è e che non può che essere così”, un pianto sterile che non sa nemmeno darti uno sfogo.
L’alternativa unica, e forse più vicina alle possibilità di risoluzione, è quella di guardare con costanza a ciò che è dato per scontato, o meglio: a ciò che sta sullo sfondo. Questo sembra un presupposto, un oggetto del reale di cui possiamo interessarci poco o nulla; è invece il contesto nel quale ci muoviamo, ciò attraverso cui quello che facciamo acquisisce senso.
Le giornate di primavera hanno il dono di farmi ricordare quanto è importante il contesto, lo sfondo, il colore di base. Nei giorni scorsi il cielo limpido e un sole caldo ci hanno consegnato le prove di alcuni colori che sembravano dire vita, in ogni loro punto. Oggi la temperatura è scesa, si è di nuovo fatto un po’ freddo, il sole si alterna a nuvole velate che – ad intermittenza – fanno scendere la pioggia.
Le giornate di primavera sono un antidoto alla noia asfissiante della routine, uno stimolo per i desideri, forse la cosa migliore a ricordarci il nostro oscillare costante.